Pubblicità sociale, pubblicità etica, pubblicità eretica
FARE PUBLICITÀ ETICA
Un gabbiano che mangia una pizza fritta a primo impatto suscita ilarità.
Ci si potrebbe costruire una narrazione divertente, renderlo una mascotte per tutti i pizzaioli del mondo. Con il giusto piano media funzionerebbe, sarebbe dirompente, creerebbe empatia e conversione.
È ciò che accadrebbe in un mondo al rovescio… che è su per giù il mondo che ci circonda.
Ma se guardiamo oltre l’apparenza, vediamo un animale cui è stato sottratto il proprio habitat, costretto a cibarsi dei rifiuti gettati via dai turisti.
Officina Mirabilis opera quotidianamente per radicare un’etica della comunicazione e della pubblicità, basata sulla correttezza delle informazioni e un’estetica epurata da distorsioni e falsificazioni.
Il nostro obiettivo è quello di ottenere risultati per e oltre l’utile.
Ogni nostra idea nasce per stimolare riflessione e indurre scelte sostenibili volte al bene comune.
Questo ci ha permesso di essere primi su Google per la ricerca “Agenzia di pubblicità etica”, ma soprattutto ci ha dato l’opportunità di lavorare a campagne di pubblicità etica nel settore Farmaceutico, nel settore della Sicurezza e di dare un orientamento etico anche alle nostre creatività negli ambiti più pop e commerciali.
In questo articolo spiegheremo in dettaglio cosa significa fare pubblicità in maniera etica, esaminando anzitutto il fenomeno della pubblicità sociale, fino poi a definire cosa significa per noi di Officina Mirabilis fare pubblicità etica, anzi, er/etica…
CHE COS’È LA PUBBLICITÀ SOCIALE?
Per pubblicità sociale si intende una campagna di utilità sociale che tende a sensibilizzare attraverso i media l’opinione pubblica su problematiche civili, morali o mediche riguardanti la comunità.
In Italia esiste una fondazione nata nel 1971 chiamata “Pubblicità Progresso” – da qui il sinonimo per quella che in gergo tecnico si definisce non-commercial advertising –, nata con il lancio di una storica campagna per la donazione del sangue – «C’è bisogno di sangue. Ora lo sai», alla quale partecipò anche l’AVIS.
Diversi enti non governativi, da allora, ne hanno seguito l’esempio e, nel 2003, è stato anche istituito il premio alla pubblicità sociale “Pubblicità per BENE”.
Inoltre, oggi anche le ONLUS che negli anni sono arrivate a numeri rilevanti usano la pubblicità per perseguire i propri scopi benefici.
Ciò che manca – e ne parleremo tra poco – è un approccio sociale alla pubblicità commerciale, che resta la fetta più grossa del mercato pubblicitario e potenzialmente quella più pericolosa, capace di de/formare la morale del popolo.
MA NON TUTTO CIÒ CHE APPARE ETICO LO È.
Un serio problema è lo sfruttamento del linguaggio della pubblicità sociale da parte di soggetti che hanno fini di altra natura.
Bisogna prendere posizione, con coraggio, e dire le cose come stanno. D’altronde il problema pubblicitario del posizionamento è anche e soprattutto esprimersi a favore o contro qualcosa.
Succede spesso che si strumentalizzino temi delicati con dinamiche shocking, che fanno venire il dubbio sui reali fini di certe campagne.
Un esempio abbastanza recente è la campagna che lanciò Fondazione IRCCS (Istituto Neurologico Carlo Besta) nel 2022, ritraente un bambino con sindrome di Down cui si accompagnava il messaggio «Per curare il suo cervello ci serve il tuo aiuto» – traduciano: «ci serve il tuo 5×1000».
Una campagna vergognosa, lo affermiamo ancora, riportando uno stralcio dal comunicato di CoorDown che immediatamente diffondemmo:
«Si tratta di una campagna dal contenuto offensivo e ingannevole, che rimanda il messaggio di una “malattia curabile” e dunque la falsa convinzione che ci siano strade scientifiche percorribili per ridurre il danno cognitivo, che tipicamente accompagna la persona con sindrome di Down. È noto invece che la sindrome di Down, trisomia 21, non è una malattia, ma una anomalia cromosomica».
Bisogna fare perciò molta attenzione a cosa è realmente pubblicità sociale e cosa è invece una storpiatura.
C’È UN MODO DI RICONOSCERE LA VERA PUBBLICITÀ SOCIALE DA QUELLA FALSA?
Sì, per es., gli slogan in maiuscolo eccessivamente ingigantito rendono i messaggi testuali allarmanti e, oltre a essere volgari, sono indice di sensazionalismo.
Ancora, se la post-produzione fotografica risulta particolarmente ingrigita, più che trasmettere la tragicità dell’argomento, trasuda morbosità.
Di base, approfondire i temi con competenza è il metodo principale per distinguere la vera pubblicità di utilità sociale da quella falsa e capziosa.
CHE COS’È, INVECE, LA PUBBLICITÀ ETICA?
In gergo tecnico un lancio nell’etico è una campagna ideata per prodotti etici, come lo sono i farmaci per peculiari malattie o problematiche serie e delicate, che richiedono l’obbligo di prescrizione del medico (es. farmaci per malattie cardiologiche, neuropsichiatriche e tutto quanto non si può vendere “da banco” come un semplice disinfettante).
In Italia, l’organo governativo che regola questo genere di pubblicità è l’AIFA (Agenzia italiana del farmaco), che monitora le case farmaceutiche affinché i materiali di comunicazione – come un visual, una brochure, un video educazionale, un’app, ecc. – a supporto della distribuzione e della vendita dei farmaci etici, girino esclusivamente nel circuito medico-scientifico.
Inoltre, l’AIFA monitora anche le parole con le quali vengono promossi i farmaci etici, con l’obbligo che siano rigorosamente referenziati da studi medico-scientifici accreditati accademicamente e sostenuti da ricerche verificabili.
Da un punto di vista tecnico, si tratta della forma di pubblicità più complessa, perché si devono tener conto di molte variabili difficili da armonizzare: studi di marketing settoriale da conciliare con regole etiche necessarie; la sensibilità del paziente da conciliare con il linguaggio riconoscibile dal medico; ecc..
Il disciplinare tende, inoltre, a inasprirsi e, oggi, parliamo di visual parlanti, ossia senza claim pubblicitario, essendoci l’obbligo di referenziare ogni parola. E, ovviamente, un medico o uno scienziato non scrivono slogan orientati alla vendita o, quanto meno, appealing – per usare un termine del gergo pubblicitario.
Si tratta, dunque, di una grande sfida, sia per gli uffici marketing delle case farmaceutiche che per i creativi come noi ai quali si affida il delicato compito di creare campagne pubblicitarie per prodotti etici.
CHE COS’È LA PUBBLICITÀ ER/ETICA DI OFFICINA MIRABILIS?
Maturando una seria esperienza nel campo della pubblicità etica e della pubblicità sociale, abbiamo sviluppato una concezione della pubblicità fortemente posizionata su princìpi e scelte etiche, sull’esigenza di dare un orientamento sociale anche alla pubblicità commerciale.
Definiamo pertanto pubblicità er/etica, una qualsiasi creatività e operazione pubblicitaria, in qualsiasi settore commerciale, alla base della quale ci sia una scelta etica.
Eresia deriva dal termine greco airesis che significa, appunto, scelta. Scegliere di prendere posizione per il bene della comunità è l’unica missione che oggi reputiamo possibile e necessaria.
Anche vendere prodotti apparentemente fuori da problemi etici, anche fare azienda puntando all’utile, non solleva dalla stringente necessità di andare oltre gli orizzonti economici e assumersi la responsabilità di lavorare per il benessere e la giustizia sociale.
Ce ne accorgiamo dinanzi all’evidente disgregazione della società civile, in casi come la pandemia da coronavirus, durante la quale abbiamo assistito a una stratificata serie di problemi, da quelli inerenti la salute della popolazione a quelli della speculazione economica – si veda il caso dei disinfettanti venduti con il 1700% di rincaro, con ovvia ripercussione sulle farmaceutiche parte-lesa, costrette ad attivarsi per controllare la propria reputazione ma, de facto, impossibilitate ad adire le vie legali in maniera agile, essendo operazioni «al limite della truffa».
Si veda ancora quanti danni abbia provocato l’isteria di massa, alimentata da un libero mercato deregolamentato, come nel caso della folle corsa a fare provviste di beni alimentari in un clima di guerra civile.
E, infine, si guardi alla fastidiosissima tendenza a eccedere con il real-time marketing, fino a una spietata stupidità che ha ormai pervaso il comportamento collettivo e, consapevolmente o meno, costituisce la cifra di un vuoto spirituale che ci informa di quanti morti viventi ha già fatto il virus del consumismo.
ESEMPI CONCRETI DI CAMPAGNE ER/ETICHE IDEATE DA OFFICINA MIRABILIS
Per fare un esempio pratico di pubblicità er/etica, nel giorno di Carnevale 2020 lanciammo sulle nostre pagine social un visual con una mascherina ospedaliera trasformata in maschera di Carnevale.
La complessità del tema iconografico della maschera – scherzo, pericolo, nascondimento, mistero, illusione –, va molto oltre le facilonerie da instant marketer, attivando archetipi profondi che richiamano alla memoria le epidemie del passato, tese tra isteria e salvazione.
Questa sottesa ambiguità trasmette la delicatezza del tema, stimolando riflessione, partecipazione e dibattito.
È anche un rovesciamento dello stesso linguaggio real-time, ne emula lo “stare sul pezzo” per trasmettere, però, contenuti critici e analitici, pensati per far riflettere su temi permanenti.
Al visual associammo il claim «the carnival is over» – è finito il carnevale – e una densa citazione di Erich von Kahler, generando un bel dibattito su LinkedIn.
Un altro esempio di campagna di pubblicità etica – o er/eretica che dir si voglia – è quanto fatto per il lancio dei Quaderni di Tematiche ambientali e Sociali di Disvelare edizioni, attraverso la campagna fotografica di denuncia “Per un’ecologia integrale”.
L’obiettivo è stato quello di creare e consolidare una rete di attivisti, pensatori e lettori responsabili, che partecipassero coesi alla visione valoriale di giustizia sociale e benessere ambientale della casa editrice campana.
Per questa campagna abbiamo scelto quattro immagini di denuncia, tutte in bianco e nero, scattate tra Napoli e Nola, distribuite sul territorio attraverso pregevoli cartoline e sui social attraverso post e ads.
Ancora un altro esempio è la campagna influencer diretta per il cantautore anonimo UAH in occasione del lancio del suo brano sulla violenza psicologica intitolato ‘O bbì.
Dopo aver realizzato il videoclip del brano del cantautore emergente, abbiamo diretto una campagna influencer scegliendo solo donne con un forte posizionamento culturale ed etico – come Sara Penelope Robin e Silvana di Napolireale – , donne che si sono fatte testimonial del messaggio sociale di UAH.
Chiunque avrebbe strumentalizzato il tema in un momento purtroppo saturo di fatti di cronaca di violenza fisica e psicologica. Ma non noi. Per rispetto delle vittime, in concerto con l’artista e con le influencer che hanno partecipato alla campagna, non abbiamo voluto fare nomi, date e riferimenti ai fatti accaduti di recente.
Così, anche l’influencer marketing può essere pubblicità etica, soprattutto quando alla base delle campagne ci sono prodotti che veicolano messaggi per il sociale e scelte comunicazionali volte al benessere e alla giustizia.
Perché è possibile e auspicabile usare il linguaggio pubblicitario per l’utile e oltre, stimolando riflessioni e scelte per un mondo migliore, più sano, più bello e più giusto.
Se i nostri servizi di comunicazione e pubblicità etica sono ciò che stai cercando, contattaci per un appuntamento o un preventivo, saremo lieti di ascoltare le tue esigenze!